8 agosto 2016

Guarda, potrei anche destinarci il mio 5x1000

Aspetto con trepidazione il momento in cui i ricercatori di qualche prestigiosa università riveleranno le leggi fisiche che regolano quel fenomeno secondo cui
non ottieni mai quello che vuoi, se non quando smetti di volerlo.

Trattasi di fenomeno facilmente osservabile in tutti i campi dell'esperienza umana. Perdi qualcosa a cui tenevi? (mai che si perda qualcosa di cui non ti importa un beneamato. O forse succede ma, appunto, nessuno se ne accorge...) Lo cerchi per mesi. Usi tutte le strategie, quelle logiche (ripercorri i tuoi passi, setacci casa tua e altrui) e meno logiche (ti chiedi dove ti nasconderesti se fossi un oggetto smarrito, fingi di scoraggiarti e rinunciare e poi posi con nonchalance lo sguardo in un punto a caso, sperando che -- in un meraviglioso coup de théâtre --  si trovi proprio lì, dove non avevi pensato di guardare). Ma nulla. Passa il tempo, si consuma il lutto, te ne dimentichi. Lo ricompri. Tempo una settimana e ritrovi quello che avevi perso. Naturalmente.

Ma in fondo l'abbiamo tutti sempre saputo. Quelle tragicomiche situazioni da Sogno di una notte di mezz'estate, dove lei ama lui ma lui ama l'altra, che naturalmente a sua volta ama un altro (e quando finalmente lui si accorge di lei, ormai è troppo tardi perché già rincorre un altro -- sempre se non è diventata lesbica), sono la norma.

Oppure guarda Charlie Brown. Ti impegni, ti impegni al massimo, e poi arriva un dannato albero mangia-aquiloni a mandare all'aria mesi di lavoro.

E allora viene da dire, Ma sai che c'è? Fanculo. Gli eventi facciano un po' come pare a loro. Non mi importa.
Affatto.
Comunque vada, son contento così. Mi cambia mica niente.
Ma poi con la coda dell'occhio controlli se per caso la scenata ha sortito qualche effetto. Naturalmente no.
Perché non sono un fisico, ma una cosa mi è chiara: ci devi credere davvero. Deve smettere di interessarti sul serio. Se no gli eventi se ne accorgono. Lo vedono, che li osservi. Come a un-due-tre stella. Tu aspetti, e non vola una mosca. Può andare avanti così per un tempo indefinito. Finché -- se non sei un ossessionato nevrotico -- prima o poi ti passa, perché prima o poi passa tutto, e smetti di pensarci. E non te ne accorgi perché, appunto, non ci pensi più.
E lì succede la magia.
Ottieni quel che volevi, spesso amplificato a un livello che prima mai ti saresti sognato fosse possibile che capitasse a te. Te l'avessero raccontato, quel che avresti avuto, ti saresti messo a ridere forte. O saresti svenuto. O entrambe contemporaneamente. Il fatto è che ora non te ne fai proprio nulla. L'utilità/desiderabilità del successo è inversamente proporzionale alla sua probabilità di realizzazione.
E quindi nulla, attendo ragguagli. Attendendo -- ça va sans dire -- invano.


29 luglio 2016

Enjoy the silence

Aspetta--
Non dire ancora nulla.
Gusta quell'attimo di indeterminatezza
prima che si aprano le danze
della nostra prossima conversazione.
Cerca di ritardare
il più possibile,
trattieni il fiato.
Resisti e osserva quell'impulso
quell'urgenza
di dare esito
a questa situazione.
Non far collassare la funzione d'onda, non ancora.
E' una sensazione
come di solletico appena prima di uno starnuto,
come di attesa della tempesta,
come un nome sulla punta della lingua.
E' un'incerta trepidazione,
il respiro sottile tra un istante e il successivo.

Voglio infiltrarmi
nel tuo sublime castello di parole
e provocare un black out.
Solo un palpito sospeso
in cui nessuno vede,
nessuno sa,
nessuno è.

Ecco.

Non temere, ora riprendono le trasmissioni,
i soliti dialoghi d'intralcio.