24 dicembre 2015

Post contro-verso

Disclaimer I. Ciao. Non ci conosciamo, ma onde evitare di farmi prendere in antipatia prima ancora che abbiamo interagito, ti invito a sentirti libero/a di saltare a piè pari questo post se anche tu hai orgogliosamente fatto del motto "je suis Charlie" una bandiera di democrazia, solidarietà, libertà d'espressione. O se senti di avere una sensibilità ai temi politici facilmente eccitabile. O se ti sei svegliato storto e con una gran voglia di trollare in giro per il web su argomenti delicati.

Disclaimer II. Propongo qui di seguito una piccola riflessione che risale al 7 gennaio 2015. Si tratta di opinioni personali, che sono per natura soggettive ed opinabili. Alla luce dei più recenti attentati del 13 novembre, queste righe potranno risultare ulteriormente odiose. Mi scuso se qualcosa poteva essere espresso con più tatto, precisione, o poteva non essere espresso affatto.

Disclaimer III. Non è mio interesse battermi in questa sede per idee politiche. Non è certamente il mio ramo di expertise. Quel che mi interessa è il risvolto socio-antropologico della questione.*


Stamattina la Francia è stata scossa da un attentato terroristico. E' solo l'ultimo di una serie che ha interessato l'Occidente (America, Europa), ma sembra distinguersi per il sapore marcatamente punitivo. Dodici morti, quattro feriti gravi, l'obiettivo principale è stata la sede parigina della redazione del periodico satirico Charlie Hebdo. L'Occidente si preoccupa, l'UE medita misure da adottare, la Francia intera si stringe intorno alle famiglie delle vittime, ma soprattutto intorno al ruolo simbolico del giornale. Si leva alto il grido di "liberté" dall'evoluta democrazia europea, indignata e vestita a lutto.
La mia riflessione stride notevolmente nel coro di sostegno generale alla Francia e alla rivista satirica. Premessa indispensabile è che mi unisco, questo sì, alle voci di condanna che considerano questo gesto un feroce atto criminale. Per quelli che sono i miei valori, ritengo che difficilmente si possa giustificare l'uccisione di un essere umano. Sgombrato il campo, per quanto possibile, da sgradevoli malintesi, mi è arduo trattenere alcune considerazioni personali.
Nei mezzi d'informazione e nell'opinione pubblica si è subito fatto un gran parlare di libertà di espressione e di satira. La satira, ho sentito affermare da molti commentatori, per sua natura non conosce limiti. Qualcuno, senza troppo sforzo, si è spinto oltre: è indegno e anti-democratico pensare di poter censurare la satira. Non è forse vero che ogni voce ha diritto d'espressione? (ma se è così, perché abbiamo fortemente voluto istituire il reato di apologia di fascismo? perché sanzionare la diffamazione?) Mentre scrivo, in Francia sono in corso manifestazioni di solidarietà a Charlie Hebdo sotto il motto di "Je suis Charlie".
Ora, l'idea di combattere (metaforicamente) per garantire diritto d'espressione anche -- e soprattutto -- a quelle opinioni minoritarie, quelle che talvolta possono suonare poco ortodosse, mi sembra una nobile iniziativa. Tuttavia c'è qualcosa che mi disturba. La libertà che conosco io, quella a cui inneggiano le democrazie occidentali (un'accoppiata di parole che trovo, personalmente, al limite dell'offensivo e del colonialista), è la libertà di tutti. E perché tutti ne possano godere, occorre rispetto. Limito la mia libertà per garantire la tua. [...]
A qualcuno sembrerà paradossale che per garantire a tutti "libertà" occorra imporsi dei confini. Molto sta nel valore che si dà al termine stesso -- liberta da cosa? Dalle restrizioni? Dagli obblighi? Dai compromessi? Dal dolore?
Io posso capire facilmente cosa porta molti ad affermare che la satira non debba essere imbrigliata in alcun modo. Ma, sulla base delle mie personali premesse, mi è inevitabile concludere che la satira non sia veicolo di democrazia. [...] Lo spirito dissacrante che Charlie Hebdo aveva eretto a propria bandiera non si è mai fermato di fronte a nulla, tantomeno di fronte alle religioni. Questo è visto come pieno esercizio del diritto d'espressione. Ma davvero ciascuno può arrogarsi il diritto di ferire deliberatamente la sensibilità altrui, di profanare verbalmente quanto una persona può avere di più sacro e intimo -- il proprio credo, i  propri valori? E' davvero tutto sacrificabile sull'altare della libertà?
Naturalmente tanti saranno i motivi reali di questo attentato, e forse, come spesso accade, saranno tutto fuorché ideologici. Nella mia scala di valori, nessuno di questi legittima la carneficina che ha avuto luogo. Ma quali valori professava Charlie Hebdo? Per me la vita e sacra e inviolabile. Ma come si collocano coloro che in nome della libertà si rifiutano di riconoscere e rispettare qualunque sacralità? Qual è il limite oltre al quale si deve smettere di ridere? Si può ridere della morte? Si può fare satira sulle vittime di un attentato terroristico?
Un ultimo spunto, un richiamo spontaneo, che mi emerge alla memoria da Il nome della rosa.
"Ma se qualcuno un giorno, agitando le parole del Filosofo, e quindi parlando da filosofo, portasse l'arte del riso a condizione di arma sottile, se alla retorica della convinzione si sostituisse la retorica dell'irrisione, se alla topica della paziente e salvifica costruzione delle immagini della redenzione si sostituisse la topica dell'impaziente decostruzione e dello stravolgimento di tutte le immagini più sante e venerabili -- oh, quel giorno anche tu e tutta la tua sapienza, Guglielmo, ne sareste travolti!"
"Tu sei il diavolo" disse allora Guglielmo. "[...] ti hanno mentito. Il diavolo non è il principe della materia, il diavolo è l'arroganza dello spirito, la fede senza sorriso, la verità che non viene mai presa dal dubbio."
[...] Jorge temeva il secondo libro di Aristotele perché esso forse insegnava davvero a deformare il volto di ogni verità, affinché non diventassimo schiavi dei nostri fantasmi. Forse il compito di chi ama gli uomini è di far ridere della verità, di far ridere la verità, perché l'unica verità è imparare a liberarci della passione insana per la verità."
***
"E voi," dissi con infantile impertinenza, "non commettete mai errori?"
"Spesso," rispose. "Ma invece di concepirne uno solo ne immagino molti, così non divento schiavo di nessuno."

Forse abbiamo solo tutti bisogno di fare un bagno di umiltà. E di dubbio.

_______
*Ma poi, a che pro tutte queste premesse? Si sa che i post seri e insopportabilmente lunghi non li vuole leggere nessuno.


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